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martedì 30 maggio 2017

Frasi Resilienza. Perseverare è umano: Pietro Trabucchi. La favola dei motivatori.

Il modello dell'asino e la favola dei motivatori.
Trenta monaci e il loro abate non possono far ragliare un asino contro la sua volontà. (Miguel de Cervantes).

Gli psicologi distinguono tra motivazioni intrinseche, quelle che vengono da dentro, e motivazioni estrinseche, legate a fattori esterni.
Usando un linguaggio un pò meno oscuro potremmo parlare di "automotivazione" nel primo caso, e di motivazioni provenienti dall'esterno nel secondo.

Questo "altrove fuori da te stesso" può assumere molte forme a seconda di quale leggenda motivazionale si vuole scegliere.
Una delle più intriganti è quella del cosidetto "motivatore": essa propugna l’idea che la motivazione sia qualcosa che alcuni privilegiati hanno il potere di infondere negli altri a proprio piacimento.

Succede al cinema, questo si: tutti si ricordano il discorso di Al Pacino nello spogliatoio di "Ogni maledetta domenica".

Altolà: non sto dicendo che la motivazione interna non sia influenzata da fattori esterni: che il potere persuasivo di una persona non ci possa condizionare, che i nostri comportamenti non siano influenzati da quelli degli altri.
Ovviamente lo sono.
Il punto è un altro.
Un conto è sostenere (e sono il primo a farlo!) che ogni allenatore (o coach o manager) possiede una serie di strumenti per sostenere e rinforzare la motivazione dell’atleta.
Un altro conto è credere nell’esistenza di strumenti magici, istantanei, miracolosi per manipolare le relazioni umane.


Un’altra menzogna sulla motivazione riguarda il potere dei rinforzi esterni, ovvero degli incentivi e delle punizioni.
Io lo chiamo “il modello dell’asino”.

Chi condivide questo modello ritiene che indolenza, demotivazione e immobilismo a oltranza rappresentino lo stato naturale dell'essere umano.
Stando così le cose, per motivare le persone non rimarrebbe che il ricorso ai due sacri strumenti: il bastone e la carota, nel giusto mix.

Il “bastone”, cioè l’uso costante di uno stile direttivo o addirittura autoritario non ha una grande efficacia per motivare le persone.

Chi è abituato a funzionare perchè spinto dall'esterno non riesce a fare nulla quando la spinta esterna viene a cessare.

Un buon esempio della differente efficacia dei due tipi di spinte è rappresentato dall'approccio alla pratica sportiva giovanile.

E’ uno spettacolo consueto e desolante, al giorno d’oggi, assistere al fenomeno dei genitori che “spingono“ i figli.
Con il termine “spingere” intendo il fatto di imporre ai propri figli una determinata pratica sportiva.

L'automotivazione rappresenta infatti l’unica garanzia per non fermarsi alla prima difficoltà, ai primi intoppi, all'insorgere della fatica, del disagio, dei primi dolori.

L'automotivazione si leghi al piacere di sentirsi competenti e al gioco, al divertimento.
In realtà tutti questi fattori formano un triangolo ai cui vertici stanno piacere e divertimento, senso di competenza e impegno.
Sentirsi capaci produce piacere e divertimento, e questo spinge a impegnarsi.
L’impegno fa diventare ancora più capaci e competenti e cosi via in un circolo virtuoso.


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